martedì 6 marzo 2012

NAZIONALIZZARE IN PARTICOLARE LE BANCHE :

NAZIONALIZZARE IN PARTICOLARE LE BANCHE :
  Lo chiedono in TV i politici di estrema sinistra

Le principali banche italiane, quotate in Borsa, sono ormai delle ‘public company’, con migliaia di piccoli soci privati. Nazionalizzare significa che lo Stato dovrebbe lanciare una ‘OPA’ (Offerta Pubblica d’Acquisto) e per fare questo dovrebbe disporre e sborsare miliardi di euro. Ma se ora, col debito pubblico alle stelle, per pagare interessi e gli stipendi statali il Governo è costretto ad emettere continuamente nuovi titoli di stato, ‘Nazionalizzare’  è una richiesta improponibile ed assurda.
E’ vero che, in passato, quando le più grandi banche ed aziende come Enel, Eni, Telecom ed Alitalia erano dello Stato questi stessi politici erano contrari a qualsiasi privatizzazione e forse sarebbe stato giusto non privatizzare tutto e soprattutto le aziende più sane, ma l’eccessiva ingerenza dei politici nella gestione dei Consigli di amministrazione ed il debito pubblico sempre crescente dagli anni ’80, aveva costretto i governi, dal 1995 al 2000, a privatizzare.
Comunque bisogna ricordare che i più grandi fallimenti si sono avuti con Società nazionali.
Basti ricordare il Banco di Napoli e l’Alitalia.
In entrambi i casi gli amministratori responsabili dei fallimenti hanno avuto liquidazioni d’oro, invece di essere cacciati a calci e con addebiti di responsabilità, mentre tutti i piccoli azionisti, circa 50.000, hanno perso tutto e senza poter registrare perdite o minusvalenze.
Io avevo 30000 azioni del Banco di Napoli del valore di circa 30 milioni di lire e nel ’97 ricevetti una lettera in cui si diceva che l’assemblea dei soci, presieduta e gestita da uomini nominati dal Governo, per salvare il posto ai dipendenti, poi risultati tra i più pagati del mondo bancario, aveva deciso che le azioni ordinarie valevano ZERO. Per legge si doveva dichiarare il fallimento e con tutti i beni immobiliari si potevano pagare i debiti e distribuire il resto tra i soci; ma il sindacato non  
poteva accettare il licenziamento dei dipendenti, compreso i responsabili dei debiti.
Poi, il Banco, ripulito dai debiti, veniva svenduto al San Paolo di Torino, con cui riprese subito a macinare utili.
Anche dell’Alitalia avevo 10000 azioni (circa 10 milioni di vecchie lire) e se fosse stata prelevata da Air France con tutti i debiti ed il personale, io come gli altri 30000 piccoli soci, saremmo rimasti soci e potevamo sperare in una ripresa del titolo sotto la guida di una società competente, seria ed affidabile. Invece, ancora una volta, con la testardaggine del solito sindacato e la ventata nazionalista del nuovo governo, il marchio Alitalia ed i pezzi buoni sono stati venduti ad una nuova nascente società in mano solo agli uomini di una cordata di imprenditori ‘in tutt’altre faccende affaccendati’,  mentre i 30000 piccoli azionisti della vecchia Alitalia hanno perso tutto.
Tutto questo per dire che le cose non andrebbero meglio se si potesse nazionalizzare; il Governo ha il grande potere di legiferare e controllare ed è con questi mezzi, se è bravo, che deve armonizzare la vita sociale del Paese.