lunedì 27 febbraio 2012

CREARE NUOVI POSTI DI LAVORO: Il Governo cosa può fare?

CREARE NUOVI POSTI DI LAVORO:
          Il Governo cosa può fare?

Un Governo che deve diminuire gli eccessivi costi della Politica e della Pubblica Amministrazione e, quindi, deve tagliare abusi, caste e sprechi, non può creare direttamente o facilmente nuovi posti di lavoro. Se, infatti, nei tagli ha solo l’imbarazzo della scelta, nella creazione di nuova occupazione, di scelte ne ha veramente poche.
Una, senz’altro, è far partire la realizzazione di opere pubbliche, magari  riprendendo e portando a termine le opere, e sono tante e troppe, lasciate incompiute e nell’occasione citarne ai danni tutti i responsabili ed un’altra è creare le condizioni perché le aziende private decidano di assumere a tempo indeterminato nuove risorse.
Naturalmente questo può avvenire solo se le aziende, italiane o estere, trovano condizioni economiche ed ambientali per assunzioni a tempo indeterminato molto incentivanti e più vantaggiose che per assunzioni temporanee, occasionali o con contratti a progetto.
Limitando, per ora, l’attenzione alle sole condizioni economiche, si possono fare molte ipotesi da valutare attentamente avendo a disposizione dati ed un programma di simulazioni.
Innanzitutto sarebbe opportuno allineare i metodi del calcolo dell’imponibile tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi e così dovrebbe comparire nell’imponibile del dipendente tutta la quota, in particolare quella Inps, che attualmente l’azienda versa per ogni dipendente e che verrà trattenuta e consegnata dal datore di lavoro, come avviene per l’Irpef.
Per i nuovi assunti questa quota sarebbe a carico solo del dipendente per il quale, ai fini Irpef, lo scaglione minimo non partirebbe da un imponibile zero, bensì da almeno 10000 euro annui.
In questo modo l’azienda risparmierebbe oltre il 30% su ogni nuova assunzione ed il dipendente si pagherebbe l’Inps con il risparmio dell’Irpef fino a 10000 euro ed avrebbe, nel frattempo, il lavoro.

Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di legare le fasce o gli scaglioni del pagamento Irpef, da parte delle aziende,  all’utile lordo ed al numero di dipendenti a tempo indeterminato che lo hanno determinato. In questo modo si danneggerebbe, solo ai fini delle tasse, l’azienda più virtuosa, cioè con un’alta produttività per addetto, ma non sarebbe ingiusto in quanto, probabilmente, ha prodotto con margini troppo elevati e quindi è corretto che paghi di più, e nel frattempo si incentiverebbe l’assunzione di altro personale fino ad un limite valutato congruo con il fatturato e l’utile lordo.

In conclusione, mai come su questo tema si richiedono bravura tecnica ma anche molta creatività.         

domenica 19 febbraio 2012

Dov'è il Sindacato dei Doveri?

Milano 18/02/2012

Dov’è il “Sindacato dei doveri”

L’enorme numero di leggi che regolano il comportamento dei cittadini, delle imprese e degli apparati statali ha visto nascere un complesso sistema di vigilanza, di controllo e sanzionatorio.
Sono centinaia i principali organi di controllo e vanno dal più piccolo comando dei vigili del più piccolo comune, ai collegi sindacali delle aziende, alle Camere di Commercio e così via fino all’istituto di vigilanza della Banca d’Italia.
Ma sull’operato di ognuna di questa miriade di ‘poltrone e poltroncine’ ci vorrebbe una trattazione a parte e, infatti, ogni giorno veniamo a conoscenza di scorrettezze o meglio “malefatte” di cui sono corresponsabili quelli che dovevano vigilare per evitare che si verificassero.
Quando vediamo in TV riprese aeree di interi quartieri nati abusivamente o sentiamo che i soldi dati a partiti, anche ormai inesistenti, vengono rubati o investiti all’estero, proviamo tutti, compreso chi non è uno stinco di santo, solo amarezza, rabbia e disgusto per chiunque ci governi e rappresenti.
Se viene aperto un cantiere il vigile del posto, e si chiama vigile perché deve tenere gli occhi aperti e non deve aspettare la denuncia di un cittadino, deve verificare che tutte le licenze siano regolari e deve avvertire le altre autorità di controllo dell’opera, ispettorato del Lavoro, ASL, Vigili del fuoco, ..e chiaramente l’amministrazione comunale. Se poi questo cantiere è proprio nel paese, il non vedere e il non sapere non giustifica nessuno.
Io toglierei subito l’incarico a tutti quelli che avrebbero, direttamente o indirettamente, vedere e controllare ed in presenza di conseguenti danni finanziari per la collettività, ne chiederei il  risarcimento, altro che liquidazioni d’oro!
Purtroppo ogni giorno siamo bombardati dalla scoperta di nuovi scandali che, in gran parte, vedono coinvolti politici, amministratori, ecc…
Ora, nei casi in cui si ipotizzino lesi i diritti di in lavoratore iscritto ad un sindacato, quest’ultimo mette in piedi anche grandi azioni di protesta, che in genere risolvono positivamente il problema. Anche i semplici cittadini ora hanno i loro sindacati, forse troppi, per far valere almeno alcuni diritti fondamentali.
Tutti questi sindacati ed associazioni sono nati per la difesa dei diritti e sono finanziati dai lavoratori e /o dai cittadini. Peccato che sono troppi, pur avendo lo stesso obiettivo, e non hanno bilanci trasparenti, anche se milionari, sì da essere già considerati una nuova forma di casta e business.
Se il danneggiato però è lo stato, come ad esempio l’enorme fiume di denaro speso per opere mai compiute, e sono migliaia su tutto il territorio nazionale, in cui il denaro è stato principalmente utilizzato per ‘oliare’ o foraggiare un’intera filiera di personaggi ed organi coinvolti,
nessuno reagisce e necessita la denuncia di un coraggioso cittadino, magari presentata agli stessi organi in difetto e quindi facilmente insabbiabile.
Ma il dilagare delle ruberie ora non è più accettabile e ci vorrebbero davvero i’cacciatori di teste’, come al tempo del Far West o, più civilmente, un sindacato da finanziare con una parte delle risorse che si dovrebbero togliere a chi non ha svolto il proprio dovere correttamente e lo chiamerei appunto il Sindacato dei Doveri, alle dipendenza dell’ufficio del Presidente della Repubblica, in quanto ‘super partes’.

mercoledì 8 febbraio 2012

E' ipotizzabile l'esistenza di una "Al Qaeda" finanziaria?

08 febbraio 2012

CHI HA  INNESCATO  L’ATTACCO  AGLI  STATI :
     E’ IPOTIZZABILE  L’ESISTENZA DI UNA  “AL QAEDA” FINANZIARIA?

Già da molti anni quasi tutti gli stati del mondo vivono con un debito pubblico e già da qualche anno le nazioni europee hanno un debito paragonabile all’attuale.
Ma nel 2011 (10 anni dopo le torri) è partito un attacco forte al grande debito americano, il cui ‘default’ avrebbe messo in crisi le principali nazioni del mondo ed in particolare la Cina, e solo l’intervento tempestivo e massiccio della Federal Reserve  ha evitato una crisi che avrebbe avuto, di gran lunga, conseguenze peggiori di quella del ’29.
Immediatamente dopo si è scatenata una vera bufera finanziaria sugli stati europei ed in particolare con una cadenza che sembra ‘studiata a tavolino’ su Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo…
Mi sembrava di rivedere uno dei tanti documentari sulla caccia dei leoni alle mandrie degli gnu, in cui i leoni nascosti lasciano passare i più forti e veloci ed attaccano chi è più isolato o più vulnerabile nella retroguardia.
I veri protagonisti di questo mondo finanziario, oltre naturalmente allo stato che, avendo bisogno di denaro contante (e non può stamparlo in assenza di ulteriori riserve auree), mette all’asta titoli di stato, assimilabili a delle cambiali,
sono il mercato e le società di ‘rating’ che valutano e pubblicano l’affidabilità di titoli ed azioni in base alla situazione economica e finanziaria attuale e futura della stato e/o delle Società che li emettono.
Il mercato è in parte conosciuto perché costituito dagli investitori istituzionali come banche, assicurazioni, fondi pensione, fondi comuni di investimento, fondi sovrani, ecc…
Questo mercato è in gran parte regolamentato in quanto per statuto può operare solo su delle tipologie di titoli e/o su titoli con un certo ‘rating’.
Un’altra parte del mercato, invece, è costituito da società finanziarie ‘offshore’, nate spesso nei cosiddetti ‘paradisi fiscali’, che garantiscono l’anonimato, ed in particolare da ‘hedge funds’, fondi altamente speculativi, che dispongono di altissima liquidità ed operano, scommettendo sul futuro, senza scrupoli con vendite allo scoperto, su titoli e derivati come ‘futures’ ed opzioni; non hanno regole e inseguono con spregiudicatezza ‘macchiavellica’,  i loro obiettivi, anche se spesso si dovesse applicare la ‘mors tua, vita mea’. .
Questi ultimi, conoscendo bene come funzionano le società di ‘rating’, le conseguenze sull’operatività di molti investitori istituzionali per ogni cambiamento di valutazione, l’importanza della capitalizzazione sul valore delle garanzie a cui molti soggetti sono obbligati,
possono innescare, mantenere e condizionare un trend ben preciso dell’andamento borsistico.
Se questo riesce, il gioco è fatto; inizia la corsa al ‘si salvi chi può’ tra investitori istituzionali con alleggerimento e svendita dei titoli in portafoglio che rischiano di essere considerati spazzatura e, chiaramente, con lo stop al loro acquisto.
Se solo un paese come l’Italia andasse in ‘default’, mezzo mondo di investitori istituzionali andrebbe in crisi anche irreversibile. Nessuno di loro, quindi, avrebbe avuto interesse a creare questo dissesto finanziario e solo loro necessitano di essere rassicurati, così come le società di ‘rating’, purtroppo poco controllate  e che hanno potuto definire affidabili i titoli della Parmalat fino alla vigilia del fallimento.
Non si può assistere e subire questo sistema e bisogna, da una parte proibire, salvo un loro  disconoscimento ufficiale, alle società di ‘rating’ di parlare prima di un vertice con una specifica commissione politica ed economica europea, in grado di controllare ed accettare i vari parametri della valutazione, e dall’altra parte regolamentare adeguatamente l’altro mercato anonimo e speculativo o addirittura escluderlo dalle contrattazioni in certi periodi e/o per certi titoli.
La sua azione altamente speculativa può portare ad una destabilizzazione in Europa ed America e determinare lotte finanziarie ‘fraticidie’, anticamera di grandi crisi dell’economia reale e di rivoluzioni anarchiche.
Ma non era questo sostanzialmente l’obiettivo di azioni terroristiche?